Marzo 1972 – Visita di Mr. Hardy

Storia del club:
Nel mese di marzo dell’anno 1972 il Fly ospita il Signor Jim Hardy.
Il nr. 12 trimestrale della rivista Consigli di Pesca gli dedica la copertina.
Ecco l’articolo scritto da Gugliemo Tani per testimoniare l’incontro:

“Mr. Hardy socio del Fly Angling Club

La sera del 3 marzo festa al Fly Angling Club ll signor Jim Hardy, contitolare della più importante ed antica
fabbrica inglese di articoli da pesca, è stato ospite graditissimo. Abbiamo cercato di fare le cose in modo che
il signor Hardy ricevesse una buona impressione di noi a conferma del prestigio che il Club ha da tempo
acquisito in campo nazionale. E’ stato un impegno serio e nello stesso tempo piacevole e pensiamo di essere
riusciti nel nostro intento. Il Consiglio Direttivo al completo ed alcuni graditi ospiti si sono trovati col signor Hardy in un
ristorante cittadino per un’amichevole cena. Le difficoltà di lingua sono state presto superate e si è naturalmente parlato
della pesca a mosca. Ci è stato, fra I’altro, confermato che gli sforzi che noi sosteniamo in Italia per l’affermazione di
questo sistema di pesca per vincere la diffidenza e per indurre alla costanza coloro che si avvicinano alla coda di topo,
sono del tutto sconosciuti in Inghilterra ove la stragrande maggioranza dei pescatori utilizza da sempre I’attrezzatura per
la pesca a mosca. Differente inoltre il sistema di pesca in Scozia ove si usa prevalentemente la mosca sommersa
mentre nelle altre regioni del Regno Unito la mosca secca trova prevalentemente una estesa utilizzazione.
La Hardy ha perfino scuole di pesca alla mosca a Londra, Scozia e Norvegia.
In un clima di viva cordialità, quando la cena stava avviandosi al termine, il signor Hardy è stato da me ringraziato per il
suo intervento e gli ho comunicato, a nome del Consiglio, la sua nomina a Socio Onorario del Club. All’ospite e stata
quindi consegnata la Tessera Sociale ed, in un elegante astuccio, il distintivo ed una piccola ma pur significativa targa in
oro nella quale era inciso un ringraziamento ad ” Hardy ” per I’opera da sempre svolta per lo sviluppo della
pesca a mosca. Il signor Hardy, nel dichiararsi onorato di entrare a far parte del nostro Club, ha calorosamente
ringraziato asserendo che la serata trascorsa rimarrà fra i suoi ricordi più cari.
Arrivando in Palestra per la preannunciata dimostrazione di lancio, abbiamo trovato una piacevole sorpresa.
L’affluenza dei soci ed ospiti è tata veramente superiore ad ogni aspettativa. Soddisfazione quindi per noi e
per I’ospite. Cominciamo ad essere veramente in tanti e quello che più conta pieni di entusiasmo!
ll signor Hardy, fatto segno a numerosi ” flash “, ha iniziato la sua dimostrazione accompagnata spesso
dagli applausi dei presenti. Apprezzata la sua compostezza nei lanci che se anche potenti venivano eseguiti
con assoluta naturalezza. Alcuni dei presenti hanno voluto provare,ciò che ha dato motivo al signor Hardy di ri-
volgere raccomandazioni ed utili consigli.
La serata si è chiusa nel consueto clima di serenità tipico delle nostre riunioni sociali.
Grazie ancora signor Hardy!

Marzo 1972 – Guglielmo Tani

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Il Leno di Terragnolo

Il Leno di Terragnolo si trova a circa 3 km a monte di Rovereto e, confluendo con il Leno di Vallarsa, forma poi il Leno di città. Per molto tempo (circa 15 anni) il tratto di torrente preso in esame non è stato pescabile in quanto bandita di pesca.  Qualche anno fa il Consiglio Direttivo dell’APDV (Associazione Pescatori Dilettanti Valgarina) ne ha ottenuto la concessione e lo ha riaperto destinandolo unicamente alla pesca a mosca “no kill”, con un numero limitato di permessi giornalieri, otto per l’esattezza.

 Il no kill di Terragnolo è lungo circa 2.5 km. E’ un torrente splendido, uno di quei posti ormai non molto frequenti in Italia per la completezza delle note positive: bellezza del luogo, numero di pesci, gestione attenta ed oculata. Insomma un fiume che sa rendere felice il vero pescatore a mosca anche solo per il fatto di camminare lungo le sue rive, scrutare l’acqua cristallina alla ricerca dei pesci, ascoltarne il mormorio  nel silenzio rotto solo dal canto degli uccelli.

Iniziando a risalire la riserva dal limite a valle, il torrente si presenta inizialmente con un piccolo lago, con lento decorso dell’acqua, fondo sabbioso con piccoli ciottoli. Non sarà difficile, soprattutto nelle giornate grigie e più tranquille, contare le trote in caccia sial fondo sia a mezz’acqua e non si potrà fare a meno di stupirsi per le dimensioni medie delle nostre amiche: pesci da 40 / 45 cm. non sono certo l’eccezione! Nei sottoriva poi, muovendosi con cautela, si potranno vedere trote da record. Proseguendo, il torrente presenta un tratto vario, interrotto da una briglia: a monte ed a valle di questa per circa 600/700 metri troviamo raschi, lame e correntini. Il fondo è più ciottoloso con zone di acqua talvolta più profonda cosa che rende più difficile individuare il pesce che, comunque è  presente  in abbondanza. E’ un tratto comodo da percorrere, ampio, senza particolari ostacoli e difficoltà per il lancio. Risalendo ulteriormente a monte il Leno diventa decisamente torrentizio con buche, cascatelle e grossi sassi che rompono la corrente, a tratti anche un pò infrascato: è qui che ogni buca può riservare la gradita sorpresa della trota “di taglia” e quando dico “di taglia” mi riferisco a pesci dal kg. in su. A mio parere la cosa più bella di tutto ciò è che la popolazione di trote è assolutamente naturale, nata e cresciuta nel fiume. Infatti potrete imbattervi in un numero eccezionale di ibridi di marmorata e fario alcune delle quali presentano macchie Parr anche da adulte.

Non mi sento di dare consigli riguardo alle mosche da usare: ogni amico pescatore saprà scegliere in base al momento, alla stagione ed alla propria esperienza e capacità di osservazione. Posso invece suggerire di evitare le giornate calde, limpide primaverili ed estive, non solo per la ben nota negatività di queste situazioni sull’attività delle trote, ma soprattutto per la presenza di gitanti, bagnanti e quant’altro (in particolare nel tratto a valle). In queste situazioni le trote , ben nascoste per buona parte della giornata, dimostrano un’attività quasi frenetica solo al calare della sera ed in quei momenti un artificiale ben presentato darà sicuramente buoni frutti!

La stagione di pesca inizia il primo maggio e termina il trenta settembre. E’ possibile spostarsi nella medesima giornata su altre zone No Kill gestite dall’APDV  e si può pescare anche il venerdì.

Per concludere ritengo il Leno di Terragnolo un torrente  magnifico (le fotografie allegate danno solo una pallida idea della realtà) che offre ai pescatori la possibilità di riprendere contatto con un corso d’acqua naturale.

Ricordate di prenotare l’uscita di pesca, dato il numero limitato di permessi giornalieri. Per sapere dove vengono rilasciati potete consultate il sito internet dell’APDV: http://www.apdv.org . Valutate, inoltre, l’opportunità di usufruire del servizio guida messo a disposizione nel fine settimana e, perché no, anche di apprezzare l’ottima cucina ed il buon vino del Trentino nelle numerose trattorie della zona. Non avrete che l’imbarazzo della scelta !!

Nicola Chiappinelli

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Angelo Gariboldi

Non c’è futuro senza il passato”

Angelo era socio , come me, della “Dora”, grande palestra per un moschista. Ci incontravamo sul fiume, ci tenevamo informati sulle acque e su come adattare le nostre tecniche alle loro sempre mutevoli condizioni. Per me, novizio di pesca a mosca, era sempre una grossa lezione che mi impartiva sulle rive del fiume, ma talora anche negli intervalli all’Osteria della Pesa a Cigliano, tempio della cucina piemontese.

Ma quei nostri incontri erano occasione per ben più generali scambi di idee sui più diversi argomenti e mi colpiva il suo senso della tradizione. Per Angelo, nulla del passato doveva essere rifiutato o dimenticato, come dimostrava l’importante biblioteca di pesca che era andato formando ed arricchendo per tutta una vita.

Ricordo quando subì il furto della macchina in cui teneva un campionario storico di mosche: era la perdita di queste che lo addolorava (ben più che quella dell’auto) e si propose di rifare la sua collezione perduta.

Non credo ci sia riuscito, ma certo ci provò: un paio di domeniche dopo il furto ci incontrammo ai “tavolini” di Mazzè e lui voleva che lo accompagnassi a cercare nei prati il “Cocchetto” con cui si facevano un tempo le camole per i temoli del suo “Ticino”.

Gli dissi che avevo fretta di andare a pescare alcune bollate ben visibili lì sotto e che le sue camole poteva ben ricostruirsele con uno dei tanti materiali più moderni che aveva nel negozio. Ma lui rispose: ” la cosa importante è conservare le tradizioni anche nelle piccole cose, perché non c’è futuro senza il passato”

E con queste parole (…che sono la sintesi della Storia come Scienza..) riassumeva tutta una filosofia di vita, la stessa che lo rese orgoglioso di celebrare i 114 anni di attività di “GARUE”.

Carlo Orombelli

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62, 72 ,82 …..che notte!

Alla mia età non conto e non misuro più i pesci che catturo (e poi rilascio..) pescando. Ho superato ormai da decenni questa fase che tutti i pescatori, soprattutto agli inizi, vivono. Cerco la qualità, non la quantità. Ma sull’isola di Martha’s Vineyard c’è l’eccezione a questa regola. Qui scatta inevitabilmente nel gruppo la competitività. Vi sono dei premi da assegnare alla fine della vacanza….. e così tutti contano e misurano i pesci, gli striped bass in particolare, i blue fish (serra) e, se capita, anche… i granchi !

La prima nottatta, subito dopo il nostro arrivo sull’isola, è tradizionalmente caratterizzata dalla spaghettata di mezzanotte. Poi tutti a pesca fino all’alba.

E’ il quinto anno che organizzo questo viaggio e la voglia di stare sulla spiaggia, annusare l’aria, sentire i rumori del mare fra cui quello inconfondibile delle cacciate dei pesci, vedere il sole che sorge è più forte della stanchezza dovuta al lungo trasferimento aereo dall’Italia.

La seconda notte inizia presto per me e Paolo. Andiamo sulla “Lobsterville beach” verso le 18. Vogliamo vedere se ci sono le sand eels (le piccole anguille) di cui si nutrono gli striped bass. Gli altri compagni ci raggiungeranno più tardi. Ci rendiamo subito conto che la situazione non è la medesima degli anni scorsi. Parliamo con qualche pescatore americano. La stagione è in netto ritardo causa il rigido inverno. I pesci “foraggio” non ci sono ancora. Ci aspettano due settimane difficili.

Cala la notte dopo uno splendido tramonto, c’è uno spicchio di luna, cala la marea. Lancio nel buio più volte, cambio artificiali con poca convinzione, mi mancano i riferimenti abituali, non “sento” i pesci….. le loro cacciate in superfice.

Cerco con lo sguardo i miei compagni. Sono tutti alla mia sinistra, qualcuno cammina lungo la spiaggia, altri sono seduti sulla sabbia in attesa. Alla mia destra, a circa venti metri, c’è, in acqua, una figura minuta.

Rilancio per l’ennesima volta, inizio a “strippare” e, finalmente, ecco inaspettata l’abboccata di un pesce, proprio mentre stavo pensando di rientrare per fare un sonnellino per poi tornare all’alba!

Il primo striped della stagione è discreto, lo slamo con delicatezza, lo misuro: 62 cm , lo rilascio, non male come inizio!  

Rientro in acqua, rilancio dopo un rapido controllo del finale e dei due artificiali. Adesso sono più convinto e “carico”…gli striped bass si sono avvicinati alle rive per cercare cibo e mi sembra di sentire i loro “ciuff”, le loro cacciate sull’acqua nel buio. La figura minuta alla mia destra ora si è avvicinata di qualche metro….. Sulla spiaggia non c’è più nessuno, sono tutti in acqua a pescare.

Catturo un altro striped: 72 cm ! Ah però……e io che volevo andare a dormire !

Questa volta cambio il finale ma non gli artificiali, due imitazioni di piccole sand eels costruite nel pomeriggio, nonostante ne abbia circa trecento confezionate in Italia nei mesi prima della partenza !

Lo spazio intorno a me si è alquanto ristretto. Altri lanci nel buio, senza esito poi, come al solito all’improvviso, una botta violenta segnala l’abboccata di un altro pesce. Parte verso il largo con forza, mi costringe ad assecondarlo lasciandoli srotolare tutta la coda ed anche qualche metro di backing: “ehi, questo è grosso” penso con l’adrenalina a mille! Sento delle voci, forse dei miei compagni, sono in “trance”. Recupero la lenza, regolo la frizione del mulinello. Lui si avvicina, poi riparte come un tram! In questi momenti perdi la cognizione del tempo, i minuti ti sembrano ore!

Riesco finalmente a domare il pesce. E’ li sulla battigia, stanco per la lotta. Tento di fotografarlo, non scatta il flash.
La fotografia è sfuocata, uno schifo !

Lo slamo velocemente e, prima di rilasciarlo, lo misuro: 82 cm !! Una carezza e si allontana velocemente verso il mare aperto. Vicino a me c’è la figura minuta che pescava alla mia destra. E’ una donna, graziosa, mi sta chiedendo qualcosa, non capisco. Allora urla “what fly ?”, “what fly ?”,”what fly ?”. Le faccio vedere l’artificiale appena tolto dalla bocca del pesce, lo osserva attentamente….. “so little ?” poi mi ringrazia e rientra in acqua.

Cambio nuovamente il finale, rimonto gli artificiali e mi accingo a rientrare in acqua. Non c’è spazio libero, sono tutti li schierati. Devo cambiare posto. Cammino lungo la riva: 62, 72, 82 ….. che notte !

Giugno 2014

Roberto Pecorelli

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Il mio finale

Questo è un articolo scritto molti anni fà da un nostro famoso socio: il Comandante Ballarin, un grande pescatore a mosca che ha saputo trasmettere a tanti di noi la sua passione per la pesca.

“Fin dall’epoca in cui imparai a pescare a mosca (anno 1935) uno dei miei crucci più insistenti era quello di cercare modifiche ed innovazioni sui finali. Non mi dilungo a descrivere gli innumerevoli cambiamenti che, in epoche successive, esperimentai per la ricerca di quel tipo di finale atto ad appagare il mio desiderio di trovare quello perfetto. Nella pesca con finali portanti più di una mosca, l’applicazione delle mosche intermedie deve essere eseguita in modo che il punto in cui il gambetto della mosca va annodato al finale offra il minor ingombro possibile e ciò per evitare prima di tutto l’attrito con l’aria e poi l’inconveniente di fare aggrovigliare tutto il gioco delle mosche. Detto attacco normalmente si fa applicando dei nodi sia al gambetto sia al finale. Questi nodi possono essere eseguiti in mille maniere; ogni nodo ha il suo carico di rottura, superato il quale, finisce la sua tenuta. Un dato di fatto però è certo ed è che: se il finale sarà sottoposto ad un carico di rottura superiore alla sua tenuta, esso si spezzerà proprio sul punto dove ci sono i nodi. Ciò è dovuto al fatto che il nylon è come il vetro e , a guisa di forbice, trancia sé stesso proprio nel punto in cui si stringe. La mia preoccupazione di creare un finale perfetto si è perciò indirizzata alla ricerca di un tipo di nodo con altissimo carico di rottura e minimo ingombro. Per limitare al minimo il numero dei nodi, ho preferito scegliere i finali senza nodi, quelli fabbricati con monofilo in nylon degradante che molte ditte inglesi e francesi producono con l’ausilio delle trafiliere. E veniamo ora al problema delle mosche intermedie. L’esperienza di tanti anni di pesca mi ha fatto constatare che su dieci catture di pesce, solamente tre sono quelle fatte dalle mosche intermedie; le altre sette sono pregio della mosca di punta. La ragione di questa forte disparità, secondo il mio parere, è dovuta al fatto che le mosche intermedie, il più delle volte si coricano e si arrotolano sul finale rendendosi poco invitanti all’abbocco del pesce. Ecco quindi la necessità di costruire un finale le cui mosche intermedie si mantengano bene staccate dal filo madre durante l’azione di pesca e in quella di recupero. Riepilogando quanto detto sopra si deduce che, quel famoso mio finale deve avere i seguenti due pregi: 1) nodi minimi e carico di rottura massimo – 2) mosche intermedie bene staccate dal filo madre con angolo quasi di 90 gradi.  Il nodo da me scelto per attaccare le mosche al gambetto è senz’altro quello che noi in Marina chiamiamo “strangolino” o “bocca di lupo” (vedi disegno – figure 1 e 2). Esso è molto facile a farsi ed ha il più alto carico di rottura di tutti i nodi esistenti, perché moltiplica per due la resistenza del diametro del filo! Ha inoltre il vantaggio di tenere appesa la mosca a doppio gambetto (come le mosche Ossolane…) e di essere costituito dal medesimo filo del finale. Per ottenere i requisiti richiesti dal secondo pregio, faccio passare la mosca intermedia appesa allo strangolino attraverso un nodo a barilotto. Questo nodo ha un carico di rottura  87%  ed è l’unico nodo le cui appendici di uscita formano un angolo di 90 gradi con la madre. Ora, con la vaga speranza di essermi spiegato in modo chiaro, vi descrivo qui sotto  come deve essere costruito il mio finale. 

·         Lunghezza totale del monofilo degradante:cm. 250  

·         Spessore all’asola: mm. 0,30 

·         Spessore alla punta: mm 0,15

·         Prima mosca intermedia: a cm. 100 dalla punta

·         Seconda mosca intermedia: a cm. 50 dalla punta 

Montaggio del finale: si incomincia infilando la punta del finale nell’occhiello della seconda mosca, si fa tornare la punta del filo nel medesimo occhiello dopo aver scavalcato la curva dell’amo; la mosca rimane così strangolata; la si fa quindi scorrere lungo il finale fino a giungere a 105 cm. dalla punta. Si riprende in mano la punta del finale, la si infila nell’occhiello della prima mosca intermedia, ripetendo l’operazione eseguita sulla seconda mosca intermedia, e la si fa scorrere lungo il finale sino a giungere a cm. 50 dalla punta. Infine si torna a prendere la punta del finale, la si infila nell’occhiello della mosca di punta e la si annoda col comune nodo ad asola. A questo punto si procede a fare, tanto nella seconda quanto nella prima mosca intermedia, un nodo a barilotto come mostrato nei disegni 3 – 4 -5 e 6, avendo cura di fare uscire dalla stretta del barilotto 5 o 6 cm. di gambetto doppio con relativa mosca. Io spero che, rapportato agli altri finali, quello da me creato avrà, se non altro, il vantaggio di evitare molte rotture e di tenere bene staccate dal filo madre tutte le mosche intermedie. Dalle prove pratiche finora eseguite sul fiume,ho avuto più soddisfazioni che delusioni. Affermare che con questo tipo di finale ho preso più pesci che con altri tipi, non posso, giacché mi manca la prova contraria e contemporanea. Ho solo il piacere di assicurarvi che la percentuale delle catture con le mosche intermedie ha quasi raggiunto la parità di quella delle mosche di punta.”

Code e serpentine a cura di Antonio Rinaldin

Un piccolo consiglio, sempre utile e non solo per chi ha da poco iniziato a pescare a mosca, è quello di preparare al meglio la propria attrezzatura prima di iniziare a pescare.

Solitamente, dopo aver innestato con cura e ben allineate le sezioni della canna, si fissa in  modo sicuro il mulinello e si fa passare la coda nelle serpentine. Facendo quest’ultima operazione, soprattutto se assaliti dall’impazienza di iniziare a pescare, a tutti sarà capitato almeno una volta che la coda sia sfuggita dalla presa delle dita, sfilandosi rapidamente al contrario e costringendoci così a dover ripetere l’operazione da capo.

Doppiando la coda per alcuni centimetri all’estremità, potremo infilare le serpentine evitando questo antipatico inconveniente.

Questo banale e semplicissimo accorgimento sarà sufficiente a fermare la coda nella serpentina nel caso appunto che ci sfugga dalle mani.

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Le code di topo

Finali classici

Classificazione per canne ad una mano secondo la tabella AFTM Association of Fishing Tackle Manufacturers

Numero CodaPeso standard in grains“range” in grainspeso standard in grammi“range”in grammi
16054/663,93,50/4,30
28074/865,24,80/5,60
310094/1066,56,10/6,90
4120114/1267,87,40/8,20
5140134/1469,18,70/9,50
6160152/16810,49,90/10,90
7185177/19312,011,50/12,50
8210201/21813,613,10/14,10
9240230/25015,6,14,90/16,20
10280270/29018,117,50/18,80
11330318/34221,420,60/22,20
12380368/39224,623,80/25,40
13450435/46529,228,20/30,20
14500485/51532,431,10/33,70
15550535/56535,634,30/36,90

NB.:

Un grammo corrisponde a 15,432 grains 

Un grain corrisponde a 0,0648 grammi

Questa classificazione è basata sul peso dei primi nove metri circa (30 piedi) della coda

Range: tolleranza in meno e/o in più rispetto allo standard

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L’aspio

Dieci anni fa scrissi il mio primo articolo riguardante la pesca dell’aspio, un ciprinide originario dei paesi europei dell’est, che apparve (immesso per errore ???..) nei fiumi lombardi unitamente ad altri pesci (siluri, breme…) a seguito di ripopolamenti.

Un pesce alloctono che in breve tempo si è ambientato benissimo nelle nostre acque dolci tanto da soppiantare il ciprinide per eccellenza, il cavedano, ahimè sempre più raro.

Ha ormai colonizzato i grandi fiumi della pianura padana, Po, Adda e Ticino ed anche alcuni loro affluenti. Raggiunge dimensioni notevoli ed, essendo un predatore, è diventato un ottimo avversario soprattutto per noi pescatori a mosca e per i nostri colleghi “metallari”.

Personalmente preferisco dedicarmi alla sua pesca in autunno e durante i mesi invernali, quando gli esemplari più grossi si aggirano famelici in pieno giorno, a differenza del periodo estivo quando si manifestano rumorosamente cacciando per pochi minuti sui “cambi di luce” ovvero alba e tramonto e durante la giornata si catturano solo piccoli esemplari.

L’esperienza acquisita, mi ha consentito di ottimizzare l’attrezzatura: canna switch di undici piedi (3,35 metri), coda shooting head di 10 metri galleggiante e/o intermedia del sette e/o dell’otto da collegare ad una running line (se non volete farvele “home made” in commercio le trovate già assemblate,  Outbond Rio, Airflo, Guide Line e/o similari), polyleader intermedio di sette piedi (2,13 mt), monofilo diametro 0,35 di circa un metro al quale lego due artificiali, un piccolo streamer sul dropper ed un clouser in punta. Altro accessorio utile è lo stripping basket per raccogliere la running line e la coda in modo da impedire alle stesse di cadere in  acqua e lanciarle meglio.

Per quanto ovvio non pretendo che questa sia la regola universale per insidiare correttamente questo pesce. Semplicemente io lo pesco così, dopo aver provato varie attrezzature. Sicuramente si possono utilizzare canne ad una mano più corte, con code più leggere (6/7/), finali normali e mosche tradizionali (p.e. grosse sommerse, artificiali da caccia tipo le madam x, popper, gurgle, wooly bugger …..).

Costruisco i clouser utilizzando soprattutto il bucktail nei colori nero/arancio/rosso per l’Adda ed il Po, bianco/azzurro/rosso e/o verde chartreuse/bianco per il Ticino. Stessi colori li uso per le grosse sommerse che lego al finale come dropper. Confeziono anche dei piccoli streamers con l’angel hair bianco/azzuro/blu e/o verde scuro per imitare i piccoli pesci di cui si cibano i grossi aspi.

E’ una pesca non facile, il “cappotto” è frequente. Bisogna camminare molto (a meno che non si abbia a disposizione una barca per rapidi spostamenti), si fanno mille lanci, si cercano i pesci dove vi sono degli ostacoli naturali (rami, tronchi) che interrompono il flusso della corrente del fiume. Ottimi sono i “gradini” facilmente individuabili dai banchi di sabbia che affiorano in superficie e le lanche ai margini di veloci correnti.

L’aspio spesso abbocca appena l’artificiale tocca l’acqua o ha percorso in essa pochi cm. L’attacco è il momento migliore,  adrenalina pura: si sente una gran botta, si vede un gorgo e poi il pesce tenta ovviamente la fuga per liberarsi. Anche gli esemplari più grossi, dopo essere stati allamati  spesso non sono molto combattivi. Di solito in pochi minuti si riesce a recuperarli. In ogni caso prima lo si fa, minore è lo stress per il pesce. Inutile fare “il tiro alla fune”. Bisogna rispettare l’avversario.

Che dire ancora ?

Se non avete timore del freddo pungente e della nebbia, se vi piacciono i grandi fiumi, se per voi pescare significa sapersi accontentare anche solo di una cattura (comunque di pesci spesso superiori ai 50/60/70 cm.)  allora questa pesca va bene. Se vi piace “vincere facile”, lasciate perdere……

Roberto Pecorelli