Nel nostro Paese le “acque libere” sono considerate povere, di pesce ovviamente, poiché non vengono ripopolate, privilegio riservato alle riserve più o meno “turistiche” che di solito si trovano a quote superiori. Però, se l’inquinamento non le ha rese sterili e il cambiamento climatico ha lasciato loro una relativa ricchezza d’acqua, grazie alla scarsa pressione di pesca, alle trote d’immissione che scendono inesorabilmente a valle ed agli onnipresenti cavedani, possono riservare catture interessanti.
Il cavedano, pesce “volgare” per eccellenza, poco apprezzato in cucina per essere imbottito di lische, deve questa immeritata fama alla sua incredibile capacità di sopravvivenza. La sua struttura, la sua versatilità alimentare, la sua forza riproduttiva e la resistenza a forme d’inquinamento di notevole portata gli consentono di popolare fifiumi di discutibile qualità e di resistere, a differenza di tante altre specie, all’invasione di specie allottone, a differenza delle trote, che abbisognano di acque ben più pure che, comunque, questi popola con altrettanto successo. Ma queste caratteristiche biologiche ed etologiche non sono nulla a confronto della sua “furbizia”, almeno per come la interpretiamo noi pescatori. La sua “arguzia” infatti lo mette in condizione di percepire gli inganni dei pescatori ad un livello che i salmonidi neppure si sognano.
“La diffusione della pesca a mosca in mare nel Mediterraneo ha prodotto nei paesi che vi si affacciano un crescente interesse per le mosche da mare e per la loro costruzione. I testi sull’argomento non sono molti, sono tutti in lingua inglese ed hanno vari riferimenti a specie di pesci diverse dalle nostre. Per questo abbiamo pensato e realizzato questo libro come un manuale tecnico ed insieme come antologia di stili dodificati, scelti per la pesca nei nostri mari. I passaggi di costruzione dei diversi artificiali illustrano, in ordine sparso ma con concretezza applicativa, le principali tecniche di montaggio dei diversi materiali. Le varianti accostate alle mosche di cui è illustrato il montaggio integrano una sintetica panoramica degli stili e delle applicazioni che si sono ritenute più significative sia dal punto di vista delle tecniche costruttive che dell’utilità in pesca”
La presa suggerita dalle guide americane per l’attraversamento delle forti correnti: le canne bloccate negli appositi passanti dei gilet e, cosa più importante, uso del bastone da guado. Questo é il modo più sicuro per affrontare un guado impegnativo. Molto tempo prima di dedicarmi alla pesca, ho usato stivali e stivaloni di gomma per cacciare in terreni umidi, in particolare per la caccia in palude ad anitre e beccaccini. Avevo quindi familiarità con queste calzature, così utili per camminare nel fango e nell’acqua, ma anche pericolose nel caso di una caduta in acqua da un barchino. La stagione generalmente fredda, l’impaccio di fucile, cartucciera ecc., potevano provocare tragici incidenti, stante l’impossibilità di muovere in un tentativo di nuoto, le gambe appesantite dagli stivali pieni d’acqua. Ricordo alcuni amici salvatisi miracolosamente, ma anche due giovani tragicamente scomparsi in un lago laziale. Quando ho cominciato a pescare a mosca, mi sono reso conto dell’indispensabilità degli stivali per la pesca in torrente e dei waders per la pesca nei grandi fiumi: attraversare un corso d’acqua, o entrarvi per una corretta presentazione della mosca, era una cosa necessaria, ma pericolosa. La familiarità con l’acqua (l’essere cioè buoni nuotatori, o addirittura esperti subacquei) poteva certo aiutare, se non altro a vincere il panico, ma occorreva un’esperienza specifica per superare le situazioni di crisi. Mi ha molto stupito vedere degli amici inesperti di nuoto avventurarsi con i waders in acque profonde o veloci, e magari piene di ostacoli o di rocce scivolose, armati solo di nozioni teoriche, quali l’opportunità di stringere i waders con una robusta cintura. Ho voluto perciò sperimentare il comportamento da tenersi nel caso di caduta in acqua, tra le risate ed i lazzi dei colleghi moscaioli, provando a simulare la caduta in acqua via via più profonda e veloce. Queste le mie conclusioni. Con i waders di neoprene è impossibile andare sott’acqua (come ben sanno i subacquei che usano una muta). E’ sufficiente non farsi prender dal panico, non agitare le gambe appesantite dagli scarponi, fare il morto, e con qualche movimento delle mani cercare di avvicinarsi alla riva, dove arenarsi o aggrapparsi ad un cespuglio. Aggrapparsi comunque con le mani alle ginocchia per tenere la testa fuor d’acqua. Con waders leggeri e non aderenti, di qualunque materiale siano costruiti, chi si agita finisce con la testa sott’acqua e la parte inferiore dei waders che galleggia piena d¹aria. L’unico mezzo per evitare questo rischio mortale, consiste (ammesso che si riesca a non cedere al panico) nel fare il morto per un attimo e subito afferrare con le mani le caviglie. In questo modo è come se si fosse aggrappati ad un salvagente, costituito dalle gambe dei waders pieni d¹aria. Occorre lasciarsi portare dalla corrente che, prima o poi, ci condurrà ad un ghiaione o ad una riva erbosa. Ho collaudato i miei consigli facendo il bagno in tanti fiumi facili o cattivi, dalla Dora al Ponoi, dall’Adda alla Sava (tra l’altro senza mai prendere un raffreddore). A tutti gli amici consiglio di non temere di farsi prendere in giro dai compagni, ma di provare il comportamento in acqua in condizioni di assoluta sicurezza: assistenza di amici, acque lentissime e poco profonde (magari una piscina per bambini) e non fredde. A quelli che poi hanno minor familiarità con l’acqua,oltre all’ovvio consiglio di non arrischiare mai, suggerirei di usare i waders meno rischiosi, e comunque, nelle condizioni estreme, di non temere di usare un salvavita: gilet o bretelle gonfiabili, o addirittura, nel caso di spedizioni in acque non familiari, un buon giubbotto salvagente che ci tenga a galla e con la testa fuor d’acqua. Qualora si usino waders non aderenti al corpo (siano essi di gomma o vinile o Gore-tex) essi devono essere muniti di un cordoncino scorrevole in una piega del bordo superiore (da stringere prima di pescare) così da evitare che la parte alta dei waders, stretti in vita, formi alcune pieghe da cui è molto facile imbarcare acqua: esperienza comunque non piacevole! L’ideale naturalmente è di poter fare a meno di stivali e stivaloni, e di poter pescare a gambe nude: vantaggio non piccolo di quel fascinoso sport che è la pesca in mare sui flats!
Here is a great recipe for some hot fun in the summertime. Use a large house in Aquinnah on Martha’s Vineyard, sprinkle-in a generous amount of Milanese Fly-Fishermen; mix-in a copious selection of E-Z body sand-eel, angel-hair neonate herring and Ray’s flies; then just add water, and salt to taste. Presto!
I am a passionate fly-fisherman who targets nocturnal stripers using my 6’ 8” height for wading advantages. My height was an advantage when I was the power-forward for Power Memorial where I played with Kareen Abdul-Jabbar on what was named the High School Team of the Century before moving on to Fairfield University. After graduation, I spent 4 years in France and 4 years in Italy playing professional basketball. For three of those glorious years, I was fortunate to play for Olimpia Milano, the Club where Bill Bradley, Mike D’Antoni and Danillo Gallinari all played.
Several years ago, while on a visit to Milano, a former teammate introduced me to Roby Pecorelli an officer of The Fly Angling Club of Milano. As a young boy, Roby was a fan of mine during my three 3 successful seasons at Olimpia Milano, and to reciprocate for his support, I volunteered to do a presentation on fly-fishing for nocturnal stripers at the Club’s weekly meeting. That year, I used handouts and my fluency in Italian to capture their imagination for my other passion. In preparation for a return visit the following year, I taught myself to use PowerPoint, and was able, with Roby’s assistance, to do a slide-show for them. My presentation must have made an impression because when I checked the website in early 2010, I read an interesting article. It was the story of a trip that some of their associates who attended my presentation, had made to Martha’s Vineyard in 2009 to fish for stripers. With an exchange of e-mails on my birthday, Roby informed me that the Club members wanted to sponsor a trip to the Vineyard to fish for stripers on Lobsterville Beach later that summer. I began lining-up convenient property rentals and developing a shopping-list for Italian specialties to bring from NYC.
2010 Martha’s Vineyard Trip
After much anticipation and executing my copious check-list, the day of departure arrived. I loaded my car to the hilt with the all the specialty products which you cannot easily find on the Vineyard. I left NYC at 1 AM so that the 4+ hour trek to Woods Hole would be time-efficient and was able to catch the first ferry to Vineyard Haven. When we docked, I drove straight to Coop’s Bait and Tackle to check-in with the legendary information-guru Cooper Gilkes. His car was parked outside with his fly-rod on top. Attached to the tippet was his creation, the black E-Z-body sand-eel. I told Coop, as he is referred to by the locals, that my friends from Milan were coming, but due to their late arrival would miss his annual tournament which was already in full swing. Coop offered to show the Club members how to tie and construct his sand-eel prototype. When I arrived at the house, I stocked the pantries and fridge
The six ragazzi finally arrived just before midnight, and by then I was chomping at the bit to fish, but they had the proper perspective and said “Prima, facciamo la spaghettata” (First, we must make spaghetti)! The spaghetti was made all’ aglio, oglio, e pepperoncino (garlic, extra-virgin olive oil and chili peppers). Luigi Meli told me that the most important thing was to warm the garlic in the oil and above all, not to burn-it, and then to remove it once it turns opaque. With appetites sated, we then headed-out to locate stripers.
The fishing was mediocre that first night and at about 7 AM we were back at the house and found Roby already making bacon and egg for the troops. With hunger pangs quelled and with bleary-eyes, we all retired for some much-needed rest. Less than two hours later, I was awakened with a chorus of laughter coming from downstairs – the best alarm you could want! It dawned on me that it was just about 4 PM in Milano! I joined the ragazzi and soon after we headed to Coop’s where he gave us a lesson on the proper way to tie his black E-Z body sand-eel (Black E-Z body with black-forest chenille inside). We then drove to Edgartown so I could give the guys a tour of the town. The insomniac marathon continued after our drive home as we began mass-producing clones of Coop’s sand-eel, while other team members began preparing our pre-outing pasta.
Bass Blitz
Fishing was good for the duration of the week, but a bit slower than what the associates found in 2009, until Thursday which was windy and rainy day. That evening, we set-out at high tide at 8 PM, and as the tide dropped both the wind and rain picked-up. At about 10 PM, the sand-eels appeared and schools and schools of stripers came blitzing-in. I usually fish aggressively, and at one stage of the dropping tide, I was able to traverse the trough and get on the Lobsterville flats. Once on the flats I was completely surrounded by stripers which were slurping in sand-eels as if they were vermicelli. I called to Roby and to Club President Marco Feliciani to risk a little dampness to wet-wade over to join me. Roby and Marco who were standing on the shoreline yelled-back that they had stripers crashing sand-eels up to the shore and that the sand-eels were jumping on to the sand to get away from the ravenous stripers. The mild current was moving from right to left as the tide receded, and I positioned myself to be able to cast down-current, and was having good success doing a two-handed stripping technique and retrieving up-current. There were so many stripers and they were so voracious and aggressive that I could literally touch some with my hand. I was like a kid, or a sweet-toothed adult, in a candy shop! I later modified my technique and began casting up-current and had even better success bringing my flies into the zones that the stripers were facing! I was using four different flies (a’ la Kenny Abrams-style), and I caught fish on each of them. In my debriefing, I told the guys that it seemed that sometimes it may not matter which fly you are using, as long as you have the proper presentation, and “serve it right to the bass.” Once the mayhem subsided, I joined Roby and Marco on the shore for the walk back to the house, and we could not help but notice all the suicidal sand-eels which preferred to beach themselves rather than face the hungry stripers. The shore-line table was set with a sand-eel breakfast for terns and seagulls.
Gentlemen Prefer Blondes & The Fly-Doctor Will See You Now!
On Friday evening, the wind continued and I had given Club President Marco one of my small black-and-red blondes. It’s a simple and very light-weight sand-eel-imitator fly with a black & red deer-hair wing and pearl body braid. It is an easy fly to cast in the wind, and I was casting a “daisy-chain” of four blonds (don’t tell my wife as she may get the wrong idea!). Since the wind coming from right-to-left, I was casting back-hand style, similar to tennis back-hands. Marco who is the Club’s long-cast champion was casting a full line (90-100 feet of distance), and false-casting and casting in the traditional fore-hand style. At first light, Marco called me over for assistance, and as I approached him, I noticed that he had imbedded my blond into his chin. I tried twice to remove the fly but since I don’t crimp my flies, it would not reverse-out from his chin. We agreed that pushing the tip through and clipping the end was the best procedure. On the first try the point came through, and on the second push the barb came out and Marco’s titanium clippers allowed me to snip-off the end and reverse the fly out. When we arrived at the house, we applied a generous amount of Neosporin and topped that off with a generous application of Nu-skin. With that procedure, Marco was as good as new. He as promised not to report me to the Massachusetts authorities for practicing medicine without a license, but I think I am covered under my Massachusetts Fishing license…right?!
Dog-Fish Bar
With the departure scheduled for Sunday morning and with packing and tidying-up to do at the homestead, fishing on Saturday evening ended relatively early. Paolo Balsamini is a great fisherman and a hard-core fishing addict, so he persisted and headed to Dog-Fish Bar to bid “arrividerci” to the inhabitants. He said it was very quiet until 1:30 AM when the tide-change turned the bass on. From that point until he had to leave, he got hook-ups on almost every cast. The bass were in the 26-29 inch class! Paolo slept all the way back to the airport and then back to Malpensa Airport-Milano, no doubt counting bass instead of sheep.
2011 Martha’s Vineyard Trip
Seal The Deal
With the successful trip of 2010 still in their minds during the Milanese winter, and with the onset of spring 2011, we began making plans for a return to the Vineyard. We found the perfect house able to accommodate 10 members of our Club on Mariner’s View Lane, about ½ mile from Gay Head Lighthouse. When our vacation week finally came, the ragazzi arrived on Sunday night in a driving rainstorm. We undertook the inaugural spaghettata with gusto and prepared for fishing at first light. They integrated the flies that I had tied and organized in a fly-box for each of them, with those they had brought from Milano.
At first light we made our way down the private path to the long, long wooden staircase which led to the boulder-strewn beach below. We were about a mile from Lobsterville and about ½ mile from Gay Head. We set-out in the direction of Lobsterville, but I first stopped to fish the tail-end of Dog Fish Bar. My go-to color at night is black (I know black is not a color but the absence of color so I am invoking poetic license). I am a big fan of fishing white at first light. The four-fly combo that I chose was: a white floating sand-eel, two small white eel punts, and a small white bunny dropper. When a half-hour passed without any activity, I decided to change flies and after stripping-in, I noticed my dropper had been bitten-off. I am very cognizant of staying-in-touch with my flies so I was baffled as to what happened to my dropper! I tied-on another white bunny dropper and resumed fishing when out of the corner of my eye, I spotted something pop-up and then disappear. I continued fishing and shortly thereafter it popped-up in my line-of-sight, about 50 yards out. The culprit was a seal and it was bobbing its head up and down in “bobble-head” style. I told my Team that I had gotten the “seal of approval” to fish Dog Fish Bar! The rest of the trip was a slow pick with the most successful flies being Coop’s E-Z Body sand-eel, Ray’s fly, and a floating E-Z body neonate herring fly.
Grande Amico Coop!
The Club’s flight from Milano to Boston for the most part had been uneventful for the members, but for the baggage- not so much! When Paolo Lorini arrived at the baggage carousel in Boston, his bags did not make it and he got the run-around. He was promised that the bags would be delivered to the house on Mariner’s View Lane. I spent the next afternoon on the phone with the airline service rep in Boston. With all the calls required to my new-best-friend, Kevin, I must have been eligible for frequent-flyer miles. My daily calls to Kevin became a standing-joke with the crew, and they would require that I send their regards on each call. When Paolo’s bags did not arrive the next day, though we could have outfitted him with almost everything, it was determined that it would not be prudent to have him wade-fishing with his size 9 feet in my spare size 14 waders! At 6:25 PM we called Cooper Gilkes at his shop, and thought his closing-time was 6:30 and we were 45 minutes away, he said he would be happy to stay-open and wait for our arrival. Instead of selling Paolo waders, he insisted on lending him a perfectly fitted set for the duration of our stay, and saved the vacation for Paolo!
What Works For Me
When shore-fishing for striped bass, our team uses floating fly lines exclusively, and I use a 10-weight G. Loomis Cross Currents fly rod, up-lined with a 12-weight floating line. I find that rod stiff enough to support the heavier-weight line, which in turn allows me to cast multiple flies. I use heavy fluorocarbon material for my leader (e.g., segments of 60#, 52#, and 39# tippet; or segments of 50#, 40# and 30# tippet). I connect each segment with perfection loops and secure my flies with loop-knots. Using the heavier material allows me to break-down the loop-knots rather than clipping off segments when I change flies which otherwise creates more pollution for the environment. Employing multiple flies can result in multiple hook-ups (my largest was a 34” and 28” tandem).
When you do get a double-header, the key is to be sure that the larger of the two fish is tired and no longer “green” before you grab the larger one. If you happen to grab your leader and you then realize that the bass is still too feisty, you may be successful tiring it by leading it around in a circle, like a dog on a leash. I am very aggressive and try to release fish as quickly as possible before they get stressed. On one occasion, I hooked a 36-inch bass and proceeded to grab onto my leader. As I grabbed the leader (I always use fingerless gloves when I fish) I got the sensation that the bass was still very green. When I felt it was still too-hot-to-handle, I began to pivot around in a circle (really, it was walking me!), and I must have done at least 12 pirouettes before being able to unhook and release it. I told my friends that in hind-sight, the strategy that the bass must have been using was either to get me dizzy or to screw me into the sandbar and have me drown with the rising tide!
One thing to remember is to “close the 5-hole” (as hockey players say) or you might hook a tricky bass which will try to scoot through your legs. That is an error in baseball and can be a more serious error when fly-fishing! One night while fishing-solo in hip-deep water at the end of Penfield Reef, I had a bass scoot-through my wickets and proceed to wrap my leader around my left leg. Luckily none of the other flies on my leader hooked onto my boots or waders, or I may have wound up sleeping-with-the-fishes! The most important part of my equipment and the best investment I have ever made is my Stearns CO2-Inflatible PFD (Personal Flotation Device). It has a lanyard trigger or can be activated by blowing through the inflation tube. I have never had to deploy the device, but came close to inflating it on one October evening when I was fishing-solo on Penfield Reef off Fairfield, Connecticut. I had inadvertently stepped in a hole while subduing my largest bass ever, a 43-incher, and almost got swept-off the reef by the current!
Tutti (Scherzi) a Tavola (Practical Jokes)
Meals are always an event with the Fly Angling Club of Milano. The morning meal runs the gamut from the Continental-style breakfast to the American-style breakfast. The pre-fishing meal usually centers around different types of pasta: spaghetti all’aglio, oglio e pepperoncino, spaghetti all’ammatriciana, spaghetti alla carbonara, and penne allo striper with either white or red sauce. The table centerpiece is something clever and on one occasion, it has featured the head of a striper coming out of the table drinking a bottle of wine or a bottle of tabasco sauce.
Meals are also a time to catch-up on the specifics of what’s working and what’s not with the stripers which can be finicky on occasion. It is also a time to tell funny stories. Paolo Balsamini told a story of a beautiful Milanese woman on a tram when a young man brushed-up against her. When the woman took exception and said, “Signore, lei e’ un porco!” (Sir, you are a pig!”), the young man responded not by saying “Io?” (“Who, me?”) but by saying “Oink?” The response and Paolo’s intonation and gestures had everyone in stitches. Eye-contact with Paolo only brought another round of laughter. Later on Lobsterville Beach, when Paolo approached me and asked “Arturo, is that you?”, I responded with “Oink!”
That season, the most productive night was the last night. Enormous schools of neonate herring moved into the trough, and keeper-size bass kept them pinned down there. As I stood hip-deep in the trough, I could feel the small herring bumping into my waders as they tried to escape the hungry bass pressuring them on the outer-limits of the schools. We caught bass-after-bass, most in the 30 inch-class.
2012 Martha’s Vineyard Trip – Third Time’s the Charm
Early this year, we began to plan for our tri-peat and were able to find a house that seemed almost perfect both in size and in locale. A short walk on the private path to the beach brought us to the end of Lobsterville Beach and the start of Dog-Fish Bar giving us easy access to either option!
As I was about to finalize the lease, the owner offered to extend the lease for an additional 4-days at the start which allowed me to spend time there with my family, and also provide scouting reports for the club members in Milano before their scheduled departure. My wife and daughter were patient on the drive up to the Vineyard and tolerant of all the specialty foods filling every available nook-and-cranny of the car.
The themes of the reports that I e-mailed back to my friends in Milano were quantity and quality: that I was catching a good number of fish each evening and that they were mostly keeper-size bass. I was having success with Coop’s E-Z body sand-eel fly. I also had success with the angel-hair neonate herring flies, specifically in colors of holographic silver over pearl and cobalt-blue over pearl. I had meticulously prepared several of the neonate herring flies in each color for each of my soon-to-arrive amici Milanesi.
When the team arrived late Sunday evening, the shore fishing continued to be outstanding, not only for the number of fish, but in particular for the quality of fish caught. About 90 % of the stripers caught were keeper-size! In addition, we caught some of the largest hickory shad I have ever seen, and the 5-to-6 pound cousins of tarpon made it seem that they were participating in the Olympic Trials for the hurdle and high jump events!
One morning, Paolo Balsamini returned well-after our normal sunrise breakfast, bleary-eyed and physically spent, with a 36-inch striper in tow. Paolo had caught the bass at the end of Dog-Fish Bar, and rather than try to carry the bass home, chose to walk in the water and troll the bass behind him! That would be a conundrum for any fisherman…to carry, or to wade & troll! Fortunately, since I am a Life-time CCA member and 100% Catch-and-Release fisherman, that is not a choice that I would have to make. Paolo also told us that he caught many large bass like that all night, in such skinny water that he could see their wakes as they approached his flies! After Paolo’s summary report, when Alberto Bringhenti asked me at what time I would be leaving to fish that night, I told him that I would be leaving “… about 30 seconds after Paolo!”
Angry Bird!
That afternoon we visited Coop’s Bait and Tackle Shop outside Edgartown to give him a report on our activity, and to ask if there were other areas where we should be fishing. Coop said that if we wanted to add some blue fish into the mix, that we might want to consider fishing the flats at the end of Fuller Street in Edgartown. After loading-up on many of the materials that Coop’s Shop has and which are difficult to find in Italy, we went to scout-out the Fuller Street Beach flats. When we arrived on that beach, we could see the Edgartown Lighthouse in the distance. We scanned the flats looking for signs of activity, fish breaking or birds diving into the water, and then saw a very large seagull dive into the water and pick-up a large spider-crab off the shallow bottom. It then took flight with the crab dangling from its beak, circled around us and dropped the crab on the sand, some twenty yards from where we were standing. As the gull landed to begin its luncheon feast, Club President Marco Feliciani and Pino Savino ran down the beach, which caused the gull to abandon its meal. They then released the crab back into the water. The squawking of the gull showed that it was quite livid and I told the guys that if they remembered Alfred Hitchcock’s film The Birds, they had better beware of the revenge of Angry Birds!
That evening, I made arrangements to fish with Paolo on Dog-Fish Bar and told him I would meet him there. Marco and I set out for Dog-Fish Bar about an hour after Paolo’s departure. We fished from the start of the bar all the way down to the end with no sign of Paolo. I caught my largest bass, a 36-inch striper, on a Ray’s fly at the south-end of the Bar, the end closer to Gay Head. At first light Marco and I began to fish our way back to the house. On one of our stops, as we walked to deeper water, a fish broke about 25 yards out beyond where we were. I told Marco to be aggressive and to cast right at the bass, and on his first cast, he was tight to the 34-inch bass. Our capo di cuccina, Eros, who performs kitchen magic, said that he could use a striper, so Marco waded the 50 yards back to the shoreline and placed the bass safely on the sand…at least he thought! Marco returned to fish near me, but after his first cast, he turned-back to re-orient himself to his new position and saw a large seagull land next to the bass to stake its claim on the abandoned bass. Marco ran-back, over-ruled the gull and reclaimed the bass as his, setting the Italian record for the 50 meter dash in waist-deep water! I took that episode as my cue that it was time to head back to the house. I warned Marco that the seagull was the same one from the day before on the Fuller Street beach, and this was probably only the first chapter of its revenge. I reminded Marco that Sicilians say that “Revenge is a dish best served cold!” which in seagull translates “a fishbest served cold!” Chef Eros worked his magic, blending penne, striped bass and a white dill sauce that evening. We all agreed that the dish was the best meal of the vacation, and likely the best pasta dish ever served on Martha’s Vineyard!
Later when Marco and I went to do an errand in town, I pointed-out to Marco that a seagull had air-mailed me a message on the hood of my car and that it was likely the same Fuller Street Beach seagull. When we left on the ferry-ride back to Woods Hole we had a seagull circle the ferry and then land on the mast. I pointed it out to Marco that it looked like the same seagull and that he may want to be on guard even when he got back to Milano.
Catch & Release, Release!
That night, the wind picked-up and so Paolo, Massimo Conti and I decided to fish on the other-side of Gay Head lighthouse on the south shoreline, where the high dunes would shelter us somewhat from the wind. Massimo was the first to score with a large shad and a nice bass, and Paolo then landed a nice bass. Though we were somewhat protected by the wind, we still had to deal with some very high waves, and a rogue wave every so often. As I was changing a fly, one rogue wave snuck-in and almost knocked me on my derrière! A couple of casts after loop-knotting a chartreuse-over-pearl angel-hair neonate herring fly as my dropper, I was able to hook a 31-inch bass. I quickly subdued the bass and then released it into the turbulent surf. Moments later, when we were about to leave, I saw Paolo on the shoreline behind me holding a keeper-size bass. As I waked-in to join him and Massimo I yelled that his bass seemed even bigger that the one I had just released. Paolo explained that he found the bass on the shoreline. I exclaimed that in spite of my compliment that his was larger than mine, it had to be the bass which I had just caught and released and which was evidently unable to properly navigate the rough surf-zone to the calmer water beyond. I scooped-up the bass and was able to revive the bass until it recovered; only this time, I released it beyond the white-water zone!
Lost In Translation!
During our fly-tying session one afternoon, we heard a knock at the door. When I opened the door, it was two young ladies who were missionaries from the Church of The Latter Day Saints, and were looking to recruit new converts for their upcoming conference in Providence, R.I. To save time, I told them, “Thank you, but we are Italians from Milano and would not be able to come!” That brought howls from Roby and the others who came running out and told the missionaries that I was American and they should insist that I attend the conference. In Houdini-like fashion, I was able to extract myself from the conversation and get back to making more of Coop’s sand-eels, but that was not the last I heard from them of my trying to pass for Italian!
A few of our members were friends of a fly-shop owner from Pennsylvania named Bill, who vacations in the Vineyard where he also has a boat. Marco and two other members were scheduled to go out on Bill’s boat on the following day, so were also making some Clousers and some half-and-halves for the boat-fishing trip. The phone rang, Eros answered it and then called over to me, “Arturo, it’s your wife.” When I answered, it was actually Bill on the line hoping to finalize arrangements for the next morning’s fishing trip. I told Eros that my wife’s name was not Bill, and that her voice was several octaves higher! Every time Bill called after that, the guys would say, Arturo, it’s your wife, Bill.” My retort was that it was a common mistake for Eros since his name in English translates to Cupid!
Arrivederci!
The Vineyard is a cornucopia of natural beauty, enhanced by the distinctive Victorian character of Oak Bluff’s architecture or the New England character of Edgartown’s architecture. Vineyard sunrises and sunsets are a wonder to see and in themselves are worth the price of admission! My amici Milanesi are hooked-on the Vineyard, and our e-mails and pictures that we share during the winter sustain those vacation memories. Next season the Fly Angling Club of Milano will be looking to come for two weeks – we have so much fun, it’s almost impossible to cram it all into one week, and so we will be reserving two weeks for next year…
Il Leno di Terragnolo si trova a circa 3 km a monte di Rovereto e, confluendo con il Leno di Vallarsa, forma poi il Leno di città. Per molto tempo (circa 15 anni) il tratto di torrente preso in esame non è stato pescabile in quanto bandita di pesca. Qualche anno fa il Consiglio Direttivo dell’APDV (Associazione Pescatori Dilettanti Valgarina) ne ha ottenuto la concessione e lo ha riaperto destinandolo unicamente alla pesca a mosca “no kill”, con un numero limitato di permessi giornalieri, otto per l’esattezza.
Il no kill di Terragnolo è lungo circa 2.5 km. E’ un torrente splendido, uno di quei posti ormai non molto frequenti in Italia per la completezza delle note positive: bellezza del luogo, numero di pesci, gestione attenta ed oculata. Insomma un fiume che sa rendere felice il vero pescatore a mosca anche solo per il fatto di camminare lungo le sue rive, scrutare l’acqua cristallina alla ricerca dei pesci, ascoltarne il mormorio nel silenzio rotto solo dal canto degli uccelli.
Iniziando a risalire la riserva dal limite a valle, il torrente si presenta inizialmente con un piccolo lago, con lento decorso dell’acqua, fondo sabbioso con piccoli ciottoli. Non sarà difficile, soprattutto nelle giornate grigie e più tranquille, contare le trote in caccia sial fondo sia a mezz’acqua e non si potrà fare a meno di stupirsi per le dimensioni medie delle nostre amiche: pesci da 40 / 45 cm. non sono certo l’eccezione! Nei sottoriva poi, muovendosi con cautela, si potranno vedere trote da record. Proseguendo, il torrente presenta un tratto vario, interrotto da una briglia: a monte ed a valle di questa per circa 600/700 metri troviamo raschi, lame e correntini. Il fondo è più ciottoloso con zone di acqua talvolta più profonda cosa che rende più difficile individuare il pesce che, comunque è presente in abbondanza. E’ un tratto comodo da percorrere, ampio, senza particolari ostacoli e difficoltà per il lancio. Risalendo ulteriormente a monte il Leno diventa decisamente torrentizio con buche, cascatelle e grossi sassi che rompono la corrente, a tratti anche un pò infrascato: è qui che ogni buca può riservare la gradita sorpresa della trota “di taglia” e quando dico “di taglia” mi riferisco a pesci dal kg. in su. A mio parere la cosa più bella di tutto ciò è che la popolazione di trote è assolutamente naturale, nata e cresciuta nel fiume. Infatti potrete imbattervi in un numero eccezionale di ibridi di marmorata e fario alcune delle quali presentano macchie Parr anche da adulte.
Non mi sento di dare consigli riguardo alle mosche da usare: ogni amico pescatore saprà scegliere in base al momento, alla stagione ed alla propria esperienza e capacità di osservazione. Posso invece suggerire di evitare le giornate calde, limpide primaverili ed estive, non solo per la ben nota negatività di queste situazioni sull’attività delle trote, ma soprattutto per la presenza di gitanti, bagnanti e quant’altro (in particolare nel tratto a valle). In queste situazioni le trote , ben nascoste per buona parte della giornata, dimostrano un’attività quasi frenetica solo al calare della sera ed in quei momenti un artificiale ben presentato darà sicuramente buoni frutti!
La stagione di pesca inizia il primo maggio e termina il trenta settembre. E’ possibile spostarsi nella medesima giornata su altre zone No Kill gestite dall’APDV e si può pescare anche il venerdì.
Per concludere ritengo il Leno di Terragnolo un torrente magnifico (le fotografie allegate danno solo una pallida idea della realtà) che offre ai pescatori la possibilità di riprendere contatto con un corso d’acqua naturale.
Ricordate di prenotare l’uscita di pesca, dato il numero limitato di permessi giornalieri. Per sapere dove vengono rilasciati potete consultate il sito internet dell’APDV: http://www.apdv.org . Valutate, inoltre, l’opportunità di usufruire del servizio guida messo a disposizione nel fine settimana e, perché no, anche di apprezzare l’ottima cucina ed il buon vino del Trentino nelle numerose trattorie della zona. Non avrete che l’imbarazzo della scelta !!
Alla mia età non conto e non misuro più i pesci che catturo (e poi rilascio..) pescando. Ho superato ormai da decenni questa fase che tutti i pescatori, soprattutto agli inizi, vivono. Cerco la qualità, non la quantità. Ma sull’isola di Martha’s Vineyard c’è l’eccezione a questa regola. Qui scatta inevitabilmente nel gruppo la competitività. Vi sono dei premi da assegnare alla fine della vacanza….. e così tutti contano e misurano i pesci, gli striped bass in particolare, i blue fish (serra) e, se capita, anche… i granchi !
La prima nottatta, subito dopo il nostro arrivo sull’isola, è tradizionalmente caratterizzata dalla spaghettata di mezzanotte. Poi tutti a pesca fino all’alba.
E’ il quinto anno che organizzo questo viaggio e la voglia di stare sulla spiaggia, annusare l’aria, sentire i rumori del mare fra cui quello inconfondibile delle cacciate dei pesci, vedere il sole che sorge è più forte della stanchezza dovuta al lungo trasferimento aereo dall’Italia.
La seconda notte inizia presto per me e Paolo. Andiamo sulla “Lobsterville beach” verso le 18. Vogliamo vedere se ci sono le sand eels (le piccole anguille) di cui si nutrono gli striped bass. Gli altri compagni ci raggiungeranno più tardi. Ci rendiamo subito conto che la situazione non è la medesima degli anni scorsi. Parliamo con qualche pescatore americano. La stagione è in netto ritardo causa il rigido inverno. I pesci “foraggio” non ci sono ancora. Ci aspettano due settimane difficili.
Cala la notte dopo uno splendido tramonto, c’è uno spicchio di luna, cala la marea. Lancio nel buio più volte, cambio artificiali con poca convinzione, mi mancano i riferimenti abituali, non “sento” i pesci….. le loro cacciate in superfice.
Cerco con lo sguardo i miei compagni. Sono tutti alla mia sinistra, qualcuno cammina lungo la spiaggia, altri sono seduti sulla sabbia in attesa. Alla mia destra, a circa venti metri, c’è, in acqua, una figura minuta.
Rilancio per l’ennesima volta, inizio a “strippare” e, finalmente, ecco inaspettata l’abboccata di un pesce, proprio mentre stavo pensando di rientrare per fare un sonnellino per poi tornare all’alba!
Il primo striped della stagione è discreto, lo slamo con delicatezza, lo misuro: 62 cm , lo rilascio, non male come inizio!
Rientro in acqua, rilancio dopo un rapido controllo del finale e dei due artificiali. Adesso sono più convinto e “carico”…gli striped bass si sono avvicinati alle rive per cercare cibo e mi sembra di sentire i loro “ciuff”, le loro cacciate sull’acqua nel buio. La figura minuta alla mia destra ora si è avvicinata di qualche metro….. Sulla spiaggia non c’è più nessuno, sono tutti in acqua a pescare.
Catturo un altro striped: 72 cm ! Ah però……e io che volevo andare a dormire !
Questa volta cambio il finale ma non gli artificiali, due imitazioni di piccole sand eels costruite nel pomeriggio, nonostante ne abbia circa trecento confezionate in Italia nei mesi prima della partenza !
Lo spazio intorno a me si è alquanto ristretto. Altri lanci nel buio, senza esito poi, come al solito all’improvviso, una botta violenta segnala l’abboccata di un altro pesce. Parte verso il largo con forza, mi costringe ad assecondarlo lasciandoli srotolare tutta la coda ed anche qualche metro di backing: “ehi, questo è grosso” penso con l’adrenalina a mille! Sento delle voci, forse dei miei compagni, sono in “trance”. Recupero la lenza, regolo la frizione del mulinello. Lui si avvicina, poi riparte come un tram! In questi momenti perdi la cognizione del tempo, i minuti ti sembrano ore!
Riesco finalmente a domare il pesce. E’ li sulla battigia, stanco per la lotta. Tento di fotografarlo, non scatta il flash. La fotografia è sfuocata, uno schifo !
Lo slamo velocemente e, prima di rilasciarlo, lo misuro: 82 cm !! Una carezza e si allontana velocemente verso il mare aperto. Vicino a me c’è la figura minuta che pescava alla mia destra. E’ una donna, graziosa, mi sta chiedendo qualcosa, non capisco. Allora urla “what fly ?”, “what fly ?”,”what fly ?”. Le faccio vedere l’artificiale appena tolto dalla bocca del pesce, lo osserva attentamente….. “so little ?” poi mi ringrazia e rientra in acqua.
Cambio nuovamente il finale, rimonto gli artificiali e mi accingo a rientrare in acqua. Non c’è spazio libero, sono tutti li schierati. Devo cambiare posto. Cammino lungo la riva: 62, 72, 82 ….. che notte !
Questo è un articolo scritto molti anni fà da un nostro famoso socio: il Comandante Ballarin, un grande pescatore a mosca che ha saputo trasmettere a tanti di noi la sua passione per la pesca.
“Fin dall’epoca in cui imparai a pescare a mosca (anno 1935) uno dei miei crucci più insistenti era quello di cercare modifiche ed innovazioni sui finali. Non mi dilungo a descrivere gli innumerevoli cambiamenti che, in epoche successive, esperimentai per la ricerca di quel tipo di finale atto ad appagare il mio desiderio di trovare quello perfetto. Nella pesca con finali portanti più di una mosca, l’applicazione delle mosche intermedie deve essere eseguita in modo che il punto in cui il gambetto della mosca va annodato al finale offra il minor ingombro possibile e ciò per evitare prima di tutto l’attrito con l’aria e poi l’inconveniente di fare aggrovigliare tutto il gioco delle mosche. Detto attacco normalmente si fa applicando dei nodi sia al gambetto sia al finale. Questi nodi possono essere eseguiti in mille maniere; ogni nodo ha il suo carico di rottura, superato il quale, finisce la sua tenuta. Un dato di fatto però è certo ed è che: se il finale sarà sottoposto ad un carico di rottura superiore alla sua tenuta, esso si spezzerà proprio sul punto dove ci sono i nodi. Ciò è dovuto al fatto che il nylon è come il vetro e , a guisa di forbice, trancia sé stesso proprio nel punto in cui si stringe. La mia preoccupazione di creare un finale perfetto si è perciò indirizzata alla ricerca di un tipo di nodo con altissimo carico di rottura e minimo ingombro. Per limitare al minimo il numero dei nodi, ho preferito scegliere i finali senza nodi, quelli fabbricati con monofilo in nylon degradante che molte ditte inglesi e francesi producono con l’ausilio delle trafiliere. E veniamo ora al problema delle mosche intermedie. L’esperienza di tanti anni di pesca mi ha fatto constatare che su dieci catture di pesce, solamente tre sono quelle fatte dalle mosche intermedie; le altre sette sono pregio della mosca di punta. La ragione di questa forte disparità, secondo il mio parere, è dovuta al fatto che le mosche intermedie, il più delle volte si coricano e si arrotolano sul finale rendendosi poco invitanti all’abbocco del pesce. Ecco quindi la necessità di costruire un finale le cui mosche intermedie si mantengano bene staccate dal filo madre durante l’azione di pesca e in quella di recupero. Riepilogando quanto detto sopra si deduce che, quel famoso mio finale deve avere i seguenti due pregi: 1) nodi minimi e carico di rottura massimo – 2) mosche intermedie bene staccate dal filo madre con angolo quasi di 90 gradi. Il nodo da me scelto per attaccare le mosche al gambetto è senz’altro quello che noi in Marina chiamiamo “strangolino” o “bocca di lupo” (vedi disegno – figure 1 e 2). Esso è molto facile a farsi ed ha il più alto carico di rottura di tutti i nodi esistenti, perché moltiplica per due la resistenza del diametro del filo! Ha inoltre il vantaggio di tenere appesa la mosca a doppio gambetto (come le mosche Ossolane…) e di essere costituito dal medesimo filo del finale. Per ottenere i requisiti richiesti dal secondo pregio, faccio passare la mosca intermedia appesa allo strangolino attraverso un nodo a barilotto. Questo nodo ha un carico di rottura 87% ed è l’unico nodo le cui appendici di uscita formano un angolo di 90 gradi con la madre. Ora, con la vaga speranza di essermi spiegato in modo chiaro, vi descrivo qui sotto come deve essere costruito il mio finale.
· Lunghezza totale del monofilo degradante:cm. 250
· Spessore all’asola: mm. 0,30
· Spessore alla punta: mm 0,15
· Prima mosca intermedia: a cm. 100 dalla punta
· Seconda mosca intermedia: a cm. 50 dalla punta
Montaggio del finale: si incomincia infilando la punta del finale nell’occhiello della seconda mosca, si fa tornare la punta del filo nel medesimo occhiello dopo aver scavalcato la curva dell’amo; la mosca rimane così strangolata; la si fa quindi scorrere lungo il finale fino a giungere a 105 cm. dalla punta. Si riprende in mano la punta del finale, la si infila nell’occhiello della prima mosca intermedia, ripetendo l’operazione eseguita sulla seconda mosca intermedia, e la si fa scorrere lungo il finale sino a giungere a cm. 50 dalla punta. Infine si torna a prendere la punta del finale, la si infila nell’occhiello della mosca di punta e la si annoda col comune nodo ad asola. A questo punto si procede a fare, tanto nella seconda quanto nella prima mosca intermedia, un nodo a barilotto come mostrato nei disegni 3 – 4 -5 e 6, avendo cura di fare uscire dalla stretta del barilotto 5 o 6 cm. di gambetto doppio con relativa mosca. Io spero che, rapportato agli altri finali, quello da me creato avrà, se non altro, il vantaggio di evitare molte rotture e di tenere bene staccate dal filo madre tutte le mosche intermedie. Dalle prove pratiche finora eseguite sul fiume,ho avuto più soddisfazioni che delusioni. Affermare che con questo tipo di finale ho preso più pesci che con altri tipi, non posso, giacché mi manca la prova contraria e contemporanea. Ho solo il piacere di assicurarvi che la percentuale delle catture con le mosche intermedie ha quasi raggiunto la parità di quella delle mosche di punta.”
Un piccolo consiglio, sempre utile e non solo per chi ha da poco iniziato a pescare a mosca, è quello di preparare al meglio la propria attrezzatura prima di iniziare a pescare.
Solitamente, dopo aver innestato con cura e ben allineate le sezioni della canna, si fissa in modo sicuro il mulinello e si fa passare la coda nelle serpentine. Facendo quest’ultima operazione, soprattutto se assaliti dall’impazienza di iniziare a pescare, a tutti sarà capitato almeno una volta che la coda sia sfuggita dalla presa delle dita, sfilandosi rapidamente al contrario e costringendoci così a dover ripetere l’operazione da capo.
Doppiando la coda per alcuni centimetri all’estremità, potremo infilare le serpentine evitando questo antipatico inconveniente.
Questo banale e semplicissimo accorgimento sarà sufficiente a fermare la coda nella serpentina nel caso appunto che ci sfugga dalle mani.